Coppa Italia, il Bologna vince dopo 51 anni. Milan di nuovo da rifondare

All’Olimpico la finale termina 0-1 grazie al gol di Noye al 53’. Ennesima delusione per i rossoneri nell’ennesima stagione di transizione

Giusto che finisca così. La grande festa, che fa esplodere di gioia l’Olimpico come fosse il Dall’Ara, è quella del Bologna di Vincenzo Italiano che, battendo il Milan (0-1), conquista la terza Coppa Italia della sua lunga storia.

Non sarà la sera dei miracoli, come canta Lucio Dalla, ma poco ci manca, visto che la squadra emiliana conquista non solo il trofeo e la qualificazione all’Europa League ma ci arriva nel modo migliore al termine di una indimenticabile stagione su cui nessuno, quando un anno fa Italiano arrivò dopo la partenza di Thiago Motta, avrebbe scommesso un centesimo. «Voglio riportare la gente in piazza», aveva promesso il tecnico in piazza Maggiore, davanti ai tifosi preoccupati per quel clima di apparente smobilitazione.

Ebbene: promessa mantenuta. Da piazza Maggiore, allo stadio Olimpico di Roma, sono arrivati in 30mila per festeggiare una vittoria attesa da ben 51 anni. Dal 1974, quando il Bologna di Beppe Salvoldi e Giacomo Bulgarelli conquistò la Coppa Italia ai rigori contro il Palermo.

Una grande festa, quella del popolo bolognese, contagiosa per entusiasmo e calore. Con grandi ex come Roberto Baggio e Giuseppe Signori mescolati a uomini di spettacolo e cantanti come Gianni Morandi, Cesare Cremonini, Luca Carboni. Tutti assieme in campo per ribadire che il Bologna si riappropria di una bella storia che, come aveva detto il presidente Mattarella alla vigilia, è la storia della squadra che «con i suoi sette scudetti ha fatto tremare il mondo».

Se il Bologna va in Paradiso, con il suo allenatore che dopo tre cadute vince finalmente la sua quarta finale in due anni, il Milan giustamente va all’Inferno. Come giustamente deve andare un povero Diavolo che anche, nell’appuntamento più importante di una stagione da dimenticare, si fa trovare impreparato e quasi rassegnato: incapace di reagire alla stoccata dello svizzero Ndoye arrivata all’ottavo del secondo tempo, dopo un’azione insistita di Castro nell’area rossonera. Uno svantaggio tutto sommato rimediabile visto che mancava più di mezz’ora alla fine. Ma la reazione dei rossoneri, sempre ben pressati dal Bologna, è stata quasi nulla. Tante palle buttate in avanti, oppure uno sterile giro palla senza idee e precisione.

Nel primo tempo, soprattutto nel primo quarto d’ora, anche il Milan aveva mostrato una certa reattività andando quasi a bersaglio con Jimenez e Jovic.

Fuochi d’artificio, che a poco poco si sono esauriti in una sfida molto spezzettata, nervosa, e con molte ammonizioni. Una sfida in un equilibrio precario con il Bologna più organizzato e il Milan più disordinato che si affidava alle rare fiammate di Leao e Jimenez, con Reijners e Pulisic poco incisivi e una difesa – soprattutto dalla parte di Tomori – approssimativa e perforabile.

Conceicao, dopo il gol di Ndoye, le ha tentate tutte rimescolando la formazione con tutti i cambi possibili. Ma, a parte una maggiore confusione, e una sterile pressione, nulla è cambiato. «Questa partita è lo specchio di questa stagione», ha commentato Conceicao

Parole da sottoscrivere. Per il Milan, quasi fuori dall’Europa anche in campionato, ora si prospettano giorni difficili. Probabile che si vada alla resa dei conti dopo una stagione da cancellare per un club delle sue ambizioni, con il terzo monte ingaggi del campionato. La conquista della Coppa Italia, dopo la Supercoppa vinta a Riad, avrebbe parzialmente mitigato i malumori per il clamoroso ritardo in classifica. E forse anche anche permesso a Conceiacao – pur con le riserve del caso – di ricandidarsi alla guida squadra. Dopo questa ennesima doccia fredda, ogni alibi sparisce. E inevitabilmente si dovranno sciogliere quei nodi – compresi quelli di una società troppo assente e ondivaga – che da tempo condizionano il club rossonero.

Inutile ricordare che da mesi la società sta cercando un nuovo direttore sportivo. Inutile ricordare che ancora non si è capito quale sia il ruolo di Ibrahimovic in un gruppo dirigente che ha cambiato due allenatori in pochi mesi lasciandoli spesso senza un adeguato sostegno. Un futuro incerto e tutto ancora da scrivere quello del Milan. Sbagliare è umano anche nel calcio, ma perseverare sarebbe diabolico.

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