
SpaceX, l’Italia non sa come cavarsi di impiccio dalla faccenda dei satelliti Starlink
L’azienda di Elon Musk è la candidata più qualificata per fornire connessioni satellitari via Starlink anche a pubblica amministrazione e difesa. Ma i dubbi sul predominio Usa e sulla sicurezza dei dati non sono stati scalfiti
Roma – Alla vigilia dell’evento, ha fatto discutere la presenza di Stephanie Bednarek, vicepresidente commercial sales di SpaceX, citata in un’interrogazione parlamentare depositata dal deputato del Partito democratico Andrea Casu. Ma i dubbi non sono solo dei dem. Alla Nuvola di Fuksas, centro congressi romano che l’8 e il 9 maggio ha ospitato la seconda edizione dell’AeroSpace Power Conference, la domanda che aleggia tra le sedie è ancora la stessa: l’Italia e l’Europa, nel contesto attuale, possono fare a meno di dell’azienda di Elon Musk? L’evento è organizzato dall’Aeronautica militare in collaborazione scientifica con l’Istituto affari internazionali. Il focus di quest’anno è stato Fighting and winning in the sky beyond the next decade – Combattere e vincere nel cielo oltre il prossimo decennio. Perché, tra gli uomini in uniforme, la preoccupazione per il futuro c’è, come può raccontare Wired. Al di là degli abbracci, dei viaggi lampo negli Stati Uniti. E delle rassicurazioni della presidente del Consiglio Giorgia Meloni, come quelle fornite nella conferenza stampa di fine anno.
SpaceX, un rapporto necessario?
Tra i tanti militari presenti nei locali del centro congressi, la convinzione, riportata a registratore spento, è che un rapporto sempre più stretto con l’azienda di Elon Musk e gli accordi commerciali che ne deriveranno siano una sorta di male necessario, perché l’Europa al momento non dispone di alternative valide. “Non parliamo di un matrimonio indissolubile e quando le condizioni cambieranno si potrà pensare di cambiare”, spiega un ufficiale. Che, però, aggiunge: “Sicuramente c’è una criticità riguardo al soggetto in questione [Musk, ndr], che oltre a essere un imprenditore è anche un attore della politica americana nonché personaggio dalle uscite talvolta stravaganti. E non si può negare che abbiano destato preoccupazione le sue uscite sulla copertura satellitare dell’Ucraina, fondamentale per la difesa del paese. Ovviamente, qualora si siglassero degli accordi, sarà fondamentale tutelare la nostra sicurezza nazionale soprattutto sul versante della gestione dei dati sensibili”.
L’instabilità di Musk, oltre ai suoi legami con il presidente americano Donald Trump, non sfuggono a chi per mestiere si occupa della sicurezza del paese. Anche in quelle guerre ibride che rappresentano il nuovo modo di sfidarsi delle potenze globali: conflitti informatici, satelliti, cyberspionaggio. Tutti punti che riguardano Starlink, che, nei piani del governo, potrebbe fornire servizi di connessione a uso militare.
Nei mesi scorsi, la compattezza granitica dell’esecutivo si era scalfita in aula, con l’approvazione di un paio di emendamenti dell’opposizione. Un fatto che aveva provocato la reazione rabbiosa del referente italiano di Elon Musk, Andrea Stroppa. Stroppa nei giorni scorsi è intervenuto di nuovo, blandendo il ministro della Difesa Guido Crosetto. Insomma, l’affare sembrava chiuso: ma poi qualcosa si infilato nell’ingranaggio, che ora fa fatica a rimettersi in moto.
Ma qualcosa bisognerà fare. La priorità, al convegno si è visto, è trovare al più presto un fornitore di servizi di comunicazione in ambito civile e militare senza perdere il controllo dei dati e della connettività. Evitando, cioè, che diventino un’arma di ricatto: dei “dazi spaziali”, per portare il concetto all’estremo, e per tornare a Trump. La Casa Bianca, del resto, ha mostrato di cosa è capace proprio con i dazi, e di non avere scrupoli quando si tratta di perseguire il proprio tornaconto, per quanto in maniera un po’ maldestra.
Per il momento “bisogna prendere atto – ragiona ancora l’ufficiale con realismo – che a oggi SpaceX è l’unico soggetto in grado di fornire un servizio di quel tipo: l’Europa ha messo in campo dei progetti interessanti, ma ci vorranno almeno quattro anni prima che vedano la luce e comunque, almeno all’inizio, offriranno una copertura assai inferiore rispetto a quella offerta dalla flotta Starlink. La verità è che gli Usa hanno avuto la lungimiranza di investire sul settore dando la possibilità a un privato di sviluppare le tecnologie e crescere, cosa che nessun paese europeo ha fatto. Ora paghiamo questo gap, e dovremo trovare il modo di gestire i rischi conseguenti a una tale concentrazione di interessi“.
Josef Aschbacher (Esa): “In Europa ci siamo concentrati sulle applicazioni civili”
A confermare il ritardo dell’Europa è stato Josef Aschbacher, amministratore delegato dell’Esa, l’ente spaziale europeo. “Stiamo lavorando e ci stiamo trasformando per diventare più veloci e stiamo discutendo con gli Stati membri per capire come pianificare nuove strategie per rispondere alle sfide del futuro in modo più agile e veloce”, ha detto aprendo il suo intervento. “Assistiamo a una crescente privatizzazione dello spazio – ha spiegato -, e per venire incontro a questa privatizzazione abbiamo raccolto 1,4 miliardi di euro in fondi privati che si sono sommati ai fondi pubblici. Il problema è che siamo in ritardo: gli Usa oggi detengono il 61% degli investimenti sullo spazio a livello globale, la Cina è al 15% mentre l’Ue è ferma al 10%, ovvero lo 0,06% del suo Pil. Bisogna fare di più. Lo spazio è sempre più un settore strategico sia per le connessioni a uso civile che militare. Il 50% del bilancio globale sullo spazio viene mediamente investito sulla difesa, in Europa siamo fermi al 15%, perché ci siamo concentrati soprattutto sulle applicazioni civili. Ma la situazione geopolitica impone un cambio di passo e il terzo congresso sulla sicurezza dello spazio, che si è tenuto a Varsavia, ha sancito questa priorità”.
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